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"Percorsi qualsiasi strada e via
sentiero e viottolo
rotolai e srotolai gioie e affanni
finchè venni trafitto dalla Poesia.
E lì mi fermai.
In quel luogo ancorai la mia anima.
Ma ora rendimi l'anima
affinchè possa ripercorrere
strade e vie
sentieri e viottoli
rotoli e srotoli gioe e affanni
senza alcuna ancora
che freni la mia metamorfosi"".
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dalla raccolta antologica
"La nave in bottiglia"
Mi appaga guardare il
mare
come fossi alla
finestra delle gerarchie
d’una stanza
spenta,e la sua luce a rischiarare.
Perché così si
manifestò egli da prima
e si accompagnò agli altri principi nelle
cronache,nel quale
il principio popolare
col passo dei
misteri sulla spiaggia di tanti
secoli per così
dire,l’orma s’è fatta pietra.
A volte è facile
servirsene,
come un pensiero caduto dalle mani
di un bambino.Ma se
ti incontri con lui
cosa puoi opporre a
ciò che ti circonda?
Non credo che sottovaluti
la mia paura,
la mia coscienza e
il punto di vista,ma
non abbandonerà mai
la sua vocazione
quando si erge con
ala forte e alta,
con battiti
epici,sostenuto dal vento
che soffia dalle
sabbie del deserto,
oppresso dalle
nordiche vele del Greco
dove si prepara ad
esplodere in rivoluzione.
Lì mi appare come
un’opera carica
di tensione,drammatica
di slanci,di echi
di suoni come gorghi
aperti e di invettive,
per la sua
prepotenza,la veemenza
della forza della
voce con cui si manifesta.
Quel mare talvolta
in collera che sorpassa
l’anima dei
convenuti,dei canti di animali
strepitosi che la
suggestione riveste di paura.
Anche sedendoci
sulle sue pietre levigate
di rivoluzione,come
l’amore dunque,
in cui ogni voce
nasce e si amplifica
si può dire e scrivere
di un ritmo di immagini
quasi di sensualità
pagana,insinuate
in tutte le sue
espressioni.A questo il vanto
di chi non lo
favoleggia o l’invade.Chi canonizza
i dotti inquinatori
asserviti,o gli brucia questo vanto.
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E’ vero,ma queste regole non esistono.
Il nostro odio
permanente
è un rapporto fatto
sulle navi e sulle macchine
come costante
spirito d’innovazione.
E va alla mediocrità
con le sue vacanze,le sue
grottesche sabbie,e
le sue pattumiere romanze.
Come renderlo più
faticosamente “umano”
se molti nelle
strade,nei ristoranti
coi loro vocaboli
consacrati addizionano
cose piccole
incomparabilmente più grandi?
Le parole,i mezzi
più immediati ed efficaci
d’informazione,tutte
le formulazioni verbali
non dovrebbero
essere rielaborate dalle sue lune
dalle sue maree,dai
suoi venti,e non dalla sua tomba?
Come chi rafforza il
suo entusiasmo
e la sua ispirazione
calandosi nella vita
quotidiana con
scatto subitaneo nella
buona direzione dell’ago
di una bussola?
Ma la grandezza
dell’uomo non è nel fatto
che egli abbia
camminato sulla terra?
E che abbia mangiato
di questa terra,
e poi parlato lui
barbaro,perfino agli dei,
e che questa idea
dell’opera,è un’opera
che si svolge in
questa direzione in tutta
la sua varietà di
odio,amore,tenerezza,ira,furore,
in tutta la sua
aggressione ed errori
nel veloce giro dei
mondi?
(Mi raccontava un
mansueto uomo:
Mi resta un solo
brevissimo passo,
quello in cui
entrerò nel suo canto
e nelle sue immagini,in
quella densità
e quell’energia
della trasposizione che sorreggono
quest’idea primordiale,che temo di scordare...)
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I
Questo canto della
mente
e del corpo in fuga,
il farsi avanti della
storia
l’ondeggiante nome
che temi di scordare
senza nulla sapere a
guardia,
chi lo trasportò?
Sospinto così dalle
vecchie sedi
come il vento ad
amare,
lo spirito dello
stupore per grandezza
uguale a un dio fra
i tormenti e le idee
dai diversi connotati
ed elementi…
Dove tutto è
fermo,fermo il tempo vuoto
che riempie l’occhio
sostanziandolo
per il prossimo
viaggio.
Il vento che
scombina la cenere!
Il vento che strappa
le lumache dal sonno!
Il vento che
incendia la saliva!
Talvolta una vecchia
figura scurava
contro uno specchio
spalancato sulla riva,
l’aspra foglia
d’ortica attaccata
a un’orecchio di
pietra :
Allora,gioco di luna
e ramino
la signorina Nora
fumava Camel,
velo di tenebre e
mille sembianze
al volo della sua
energia perduta,
che il cuore del
popolo è un’altra cosa
contrastato da un flebile
fiato di vento.
Perché certe donne
in certe passioni
vedono più di quel
che ci sia,
vedono se stesse,e
noi voraci figli
le frecce acute
nella veglia,
l’alveare ronzante
nostalgia.
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II
Forse tra poco
voleranno
fradici d’ombre e di
bruchi
uccelli neri
d’ardesia,
marciranno le maree
in pieno sole
come rughe materne
d’una madre
celata e stanca.
Occhi del distacco
incollati allo specchio
della luna su una
piccola parete dileguata.
Segui quella via;
lascerò aperta la
finestra,e ogni
soffio che ferisce
ogni taciturno
sogno che cammina
scomparirà.
Ma io non riuscivo a
toccarti;
le dita servono
soltanto per il cuore
nella mia casa che
non è più mia
dove gli azzurri
Martin trafiggono i costati
a quella solitudine
di venti
di unghie di
stelle,di luci ammarate
sembianze di cupole
celesti rimbombanti.
Per uno di
quegl’incanti,
i capelli delle
stelle cadevano
a boccoli e la
traiettoria della luna
cadeva sulla forma
del tuo viso.
Quando il sole smise
di brillare
nella stanza,e lo
deposero
nel sepolcro sotto un
monte di sale.
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V
Fra gorghi impietosi
e trafitture
nello scrigno del
mare
era il folle
profumo:
Sento una sorridente
opposizione;
il dolente
dell’amore
per il mondo ormai,il
divenire reale.
Non è forse tutto un
mito
il morbido racconto?
E cento volte,
tre ninfe hanno
cantato della donna
apoteosi dove il pensiero non ha limiti,
onde e visioni,tra
parentesi e parole
e la tendenza
dell’amore verso la
perfezione mai più
profonda?
Ventagli d’ostriche tra
le lische
in carne e ossa in
cedri d’estate.
E in quelle acque
trapassate
una lama rossa
scende e taglia
le fronti alle
nuvole al suono racchiuso
della campana come
un’uragano.
Mentre suonando ancora,racconta
l’usignolo in sette
note di bosco
e il cuore batte più
cupo di mille
coroncine d’alghe,e
sciagure
chiuse le ali
lucenti del suo vestito
di piume sulle spine
assassine,
sul tetto d’ardesia
ubriaco di luna.
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VIII
Filavano i nodi
simili a grumi
sugli specchi
splendidi di sale,
sui gelsi del
giardino,negli angoli
in penombra come
padri spirituali,
fra il taglio delle
brezze,ai raggi solari
il vino delle
bottiglie e cattedrali lustre.
Sulle ginocchia
calde delle cantatrici.
Mare che olezza mare,con
rapido passo
consuma il deserto
molo
secca le radici,
i vivi e i morti l’armadio
nella stanza
colmo di ventagli e
remi.
Metalliche sonorità
vagano remote come
molecole dei fuochi
sui fili della
luce,come se camminassi
su una vivente
energia alata,
e il pianto comune partecipe di brinose albe;
tre volte tanto come
chi bacia la sua nuda terra.
L’oste fiòcina la
feccia col lutto delle miserie,
l’ago della bussola
s’allunga e marcia
e tocca il cielo la
luna di purezza,
con la bocca
spalancata.
Oltre questo c’è una
luce sconosciuta
oltre l’ineffabile
conoscenza,tace
prodiga di unghie
carnose e nere
e tempeste,dove
s’annida un vacillante miserere.
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IX
Dove dalle fasce
senza fumo
risuonavano d’un
antico tac di bambù
voci spopolate,il
traino della vita
tra i fichi e i
vilucchi in rovina,
madrevite dentro il
profondo
mare d’ossa
dissimulato.
Del fiato moribondo
d’ogni luce
di candela mascherata,
la figura senza fisionomia
e movimento.
Io pensavo a un corpo
giovane
a una spiaggia
imbiancata,
a una mensa
d’ostriche con Poseidone.
A sera,le acri
timolacee e le guinee
tremavano nella
corteccia,come
ali nere d’uccelli
fuggiasche
alle porte di bronzo
a dire dove siamo.
Abbaglio fino di
lino bianco,
bianco di tutte le
lune
bianco sulle spine
mentre aspetto che
scenda
su un foglio
d’angolo reciso
da vetri arcobaleno
la metafora
della notte che
risuona sempre lontana.
Lontana dal fondo
aperto di un letto
ignoto,quando l’uomo
dorme…
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XII
Per me,per me
venivano
come rimbombi i suoi
profeti e i ricordi
d’ un confine della
pena dai remoti abissi,
i fiocinanti.
Il mare sospira con
le ciglia aperte.
Il piede che sonda i
suoi molli gemiti.
Oh quel mare!
Siete qui,siete là.
Al dolore
solitario,alla solitudine dei corpi
dove si bagnano le
lune.
Dove dormi.
Nella casa ci sono quattro
specchi
dove danzava la tua
immagine.
Ci sono porte
lasciate senza serrami
e finestre dove il
vento soffia libero
scuotendo la polvere
degli anni.
Anni immortali.
C’è un brusio
nell’aria tiepida della notte
un brusio d’uccelli
sul nespolo
e un mare di
tormenti presso la porta,
che intessono
sospiri senza sosta.
C’è un dio ancora
ignoto
prossimo successore
al dio marino infestato.
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XVI
…Poi compaiono le
punte
il golfo,i
gabbiani,le anatre spose
il fiume,i panni
stesi.
E’ lì,lì sotto la
sabbia che sono le radici:
L’albero del pane
L’albero dell’amore
L’albero della
sofferenza.
E una tomba che non
puoi visitare,
e i morti sognano
con gli occhi dei vivi.
Come una sottile
trama alla base del divenire
l’acqua sfugge dalle
dita,trattiene
molecole
d’esistenza,
il più grande
stupore ai risvegli,
i misteri delle
stelle e dei pianeti
che mai abbiamo
visto se non la loro
luce trapassata,luce
e materia
che fluttuando ci
consuma…
Ah,se l’acqua del
mare non fosse d’altre cose
tutte le lacrime
cadute dal cielo muto…
E’ il seme che
riprende a germogliare
nel corpo della vita
nei suoi momenti
essenziali a quella
solitudine della terra.
Se non fossero
logore ed esauste le ossa
imbiancate del gesso
mortale,
sotto una betulla
spenta…
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XVIII
Ho visto gli ultimi
gabbiani
navigare come
relitti di un’appendice
e il cielo insonne
restare muto di stupore,
la chiglia di una nave
tagliare l’agonia
come un coltello
affamato taglia il pane.
L’occhio d’un
delfino lacrimare sale
e quello di cenere
di un bambino accendersi
d’amore sul
ranuncolo spezzato nel calice,
la lanterna d’una
casa alla porta delle brezze
sostare nel tramonto
e sostituire il sole.
La luna con un fiore
rosso tra i capelli
lacrimare al tepore
del fuoco di vecchie spine
e le fiamme come mani d’oro pallido
destare i sogni di
un bambino al sorgere e calare,
e udito la civetta
col topo sul fico e il suo rantolo.
Ho visto la bocca
della notte soffiare sulla cenere delle stelle
e rinvigorirne lo splendore,
nei loro occhi
l’eterna età l’impietrito rigore,
e monti e mari e
genti in ogni pietra le sue forme
scolpite di
compassione come mani di donna
che dormono dentro i pensieri vicino al cuore.
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Antologie
Ibiskos Editore
Edizioni del Consolo
Edizioni Helicon
Edizioni Anpai
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